martedì 31 luglio 2012

Origine e storia della Festa delle Campane e del Dialetto Perugino

Rievocazione Storica della Fusione 1850-2012


 Civitella d’Arna

17/26 agosto 2012

Origine e storia della Festa delle Campane

La festa delle campane di Civitella d’Arna, è nata nell’anno 2000, ideata ed organizzata dalla ProArna di Civitella d’Arna. L’idea della festa,   ha preso spunto dal diario parrocchiale, tuttora custodito in canonica, che il lungimirante parroco del tempo  don Francesco Baldelli, già dal 1846, anno del suo insediamento nella parrocchia di San Lorenzo in Civitella d’Arna, ebbe cura di scrivere durante gli anni che resse la parrocchia,  fino alla sua morte avvenuta nel  1895. Fra i tanti avvenimenti importanti e significativi che riportò fedelmente nel diario, uno su tutti ha colpito gli abitanti di Civitella ed è appunto il racconto della Fusione delle Campane che avvenne in paese, nelle cantine del convento dei Padri Filippini, ad opera dei fonditori fratelli Sini di Acquapendente di Viterbo, nel lontano anno 1850. Centocinquanta parrocchiani, assistettero recitando le litanie della Vergine, alla colata del metallo,  per la liquefazione del quale occorsero 7 ore di fuoco. Ma eccovi la viva cronaca del tempo.........Mentre il metallo va colando nelle sottoposte stampe, va fitto fitto zampillando e questi zampilli rendono un colore quasi turchino. Il fonditore rivolto agli astanti ammutoliti li saluta dicendo: “Evviva Maria” annunciando con ciò il felice esito della fusione. La campana maggiore pesa Kg 536 è dedicata all’Immacolata e reca incise tra le altre le seguenti parole: “La mia voce è voce di vita, vi chiamo alle sacre funzioni: venite!!! La seconda pesa Kg 264 è dedicata a S. Vinncenzo Ferreri e reca Inciso: “Vi  chiamo alla Chiesa – allontano la tempesta”. La terza pesa Kg 127 è dedicata a S. Eurosia ed ha inciso: “Piango i defunti, chiamo i vivi, allieto le feste”. Al termine dell’avvenuta fusione, le campane con il mezzo dei buoi, vennero portate a Perugia, e benedette dall’Arcivescovo Mons. Gioacchino Pecci, poi divenuto Papa con il nome di Leone XIII, suonarono per la prima volta alle ore 23  del 7 dicembre 1850”. (tratto dal diario parrocchiale originale)  Ebbene, di questo avvenimento, che per l’epoca era da considerarsi molto importante per un piccolo paese, don Francesco Baldelli, ha descritto nel suo diario in modo minuzioso, tutti i fatti che caratterizzarono quei giorni,  dall’arrivo dei  fonditori con i loro cavalli, fino al momento della colata del metallo negli stampi. Grazie a queste importanti notizie, è stato possibile ricostruire, in forma teatrale, l’intera cerimonia della fusione, che diretta dal prof. Giuseppe Tufo,  con la partecipazione del Gruppo teatrale “Città di  Arna” ed il coinvolgimento della  gente del luogo come figuranti, conclude ogni anno la manifestazione in modo suggestivo ed emozionante. Dal 2005 un’importante novità, ha arricchito la manifestazione come la “Festa del dialetto perugino”. Infatti, dopo alcuni anni dedicati alla poesia dialettale, ci è sembrato quasi doveroso rivolgere una maggiore attenzione al dialetto perugino nel suo insieme,  ed inserirlo nell’ambito della  Festa delle campane. Abbiamo incluso, oltre alla poesia,  una rassegna di teatro, serate di musica dialettale e popolare, ed una serie di incontri-convegno che riguardano  il dialetto perugino e tutti i suoi aspetti più importanti come usi, proverbi e costumi. Nei dieci giorni di festa, quindi, Civitella d’Arna, torna a rivivere i fasti di un tempo anche grazie ai costumi ed alla scene di vita quotidiana legata alla civiltà contadina di metà 800. Crediamo che il compito delle Proloco sia soprattutto salvaguardare il patrimonio della “memoria storica dei propri borghi” ed il dialetto è una parte importante di questo patrimonio. Pochi finora sono stati coloro che hanno rivolto attenzione particolare al dialetto come avviene invece in molte altre regioni italiane. Noi, con umiltà, ma con il massimo impegno, stiamo cercando  di colmare questa  lacuna, con la speranza di contribuire  a ridare dignità alla nostra “lingua”.

Lamberto Salvatori
                                                                                             

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